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“…e nel cogliere l’ombra essi smarrirono la sostanza!”

Chiariti gli equivoci legati al nome e all’origine e dopo il riconoscimento del primo standard della corritrice indiana nel 1901 nella colorazione Fawn and white (in Italia, Camoscio pezzato bianco), la strada di quest’anatra domestica potrebbe sembrare in discesa, in realtà le vere avversità devono ancora arrivare.
I primi trent’anni del XX secolo furono infatti i più travagliati, ma anche i più ricchi di studi e scoperte per questa antichissima razza. In Inghilterra si formarono subito due “scuole di pensiero” in merito alla selezione e allo standard della Corritrice indiana.
Da un parte un nutrito gruppo di allevatori che in seguito fondarono l’Indian Runner Duck Club (IRDC) organizzati attorno a J. Donald, J. W. Walton, Miss Wilson Wilson, Mathew Smith (uno dei padri della nostra corritrice indiana e segretario per tantissimi anni dell’ IRDC), J. A. Coutts e le signore Miss Davidson e Miss Chisholm; dall’altra un piccolo gruppo di allevatori “dissidenti” capitanati da W. Ashe King, H. Digby, E. A. Taylor e appoggiati da William Cook (creatore della razza Orpington) che fondarono l’UDC, l’ Utility Duck Club.
Sicuramente sin dalle prime importazioni, queste anatre suscitarono un grande e vivo interesse tra gli allevatori, tanto che si diffusero molto velocemente; questo però comportò sicuramente un elevato numero di incroci con le razze locali. Lo scontro tra le due “scuole di pensiero” scaturì probabilmente da questo problema. Il ridotto numero di corritrici indiane che erano arrivate in Gran Bretagna decisamente contribuì ad incrementare la confusione, tanto che Coutts nel suo libro “The Indian Runner Duck” del 1927 riprese una lettera di J. Walton che definiva le corritrici indiane come un’eterogenea collezione di colori, forme e dimensioni, dove poche erano corritrici indiane e molte erano invece incroci con anatre locali. Ma lo scontro tra le due “fazioni” era anche uno scontro teorico di ideali opposti per la corritrice indiana.
I “puristi” dell’ IRDC cercarono di mantenere quindi la purezza delle linee delle anatre importate dalle isole indonesiane e si sforzarono di creare una rete di contatti per ottenere nuove importazioni, cosa che tra l’altro avvenne tra il 1908 e il 1909 grazie agli sforzi di Mathew Smith con sei esemplari, e tra il 1924 e il 1926 grazie agli sforzi di Coutts e delle signore Davidson e Chisholm.
Dall’altra parte avevamo il piccolo ma testardo gruppo di allevatori, che teorizzava l’utilità della corritrice indiana e che sosteneva e accettava incroci con le anatre locali cercando una fantomatica e dubbiosa linea ancestrale precedente alle importazioni. Il loro scopo ultimo era quello di creare una razza utile, che fosse perfetta nella produzione di grandi uova. In pratica gli esemplari da riproduzione non erano selezionati tramite colori, morfologia e struttura, ma in base al numero e alla grandezza delle uova prodotte! Questa mission era certamente rivoluzionaria e discutibile e andava controcorrente alle normali prassi accettate dal Poultry Club.
Mathew Smith limitò molto chiaramente il lavoro di questi allevatori “utilitaristi” affermando: “nel cogliere l’ombra essi smarrirono la sostanza!”
L’intento degli “utilitaristi” era quello di sperimentare incrociando le razze locali con la corritrice indiana ricercando origini ancestrali non specificate che però perfezionassero l’utilità dell’anatra, puntando senza dubbio nello specifico della corritrice indiana, sulla produzione di grandi uova. Secondo Taylor, inoltre, gli esemplari troppo perpendicolari e con schiene troppo strette erano da scartare perché non potevano avere tanto spazio tra le ossa del bacino e per questo non potevano deporre uova larghe.
Queste sperimentazioni, secondo Mathew Smith, portarono ad una deriva inutile e dannosa, tanto che si rischiò di perdere i geni e le caratteristiche della “vera” corritrice indiana, infatti gli esemplari che venivano portati agli show molto spesso non erano altro che incroci.
Mathew Smith, primo segretario dell’IRDC, fu senza dubbio il maggiore rivale degli utilitaristi e il suo lavoro e il suo impegno hanno sicuramente avuto il merito di preservare la corritrice indiana fino ai nostri giorni.
L’ideale corritrice indiana per Mathew Smith e per T. Donald era un’anatra che ricordasse nella forma e nella linea la bottiglia della soda, questo concetto verrà ripreso più avanti anche da Reginald Appleyard.
La cosa buffa è che questo scontro tra puristi e utilitaristi fu senza dubbio un conflitto di ideologie e di ideali che si combatté nelle annuali gare e show che già ai primi del Novecento si svolgevano in Gran Bretagna, ma che si combatté anche in forma scritta con le lettere pubblicate nella rivista “The Feathered World”.
È buffo leggere le loro lettere pubblicate su questa rivista in cui si criticavano a vicenda i campioni dell’avversario e l’operato dei giudici agli show. Lettere scritte dai primi anni del Novecento fino agli anni Trenta, che assomigliano a discussioni che avvengono anche oggi in Italia sui nostri forum prima e dopo le varie manifestazione avicole. Questo ci deve far riflettere sul ritardo che la cultura/coltura avicola italiana ha rispetto alla cultura/coltura britannica!
Nelle importazioni sopra citate tra il 1924 e il 1926 arrivarono anche in Inghilterra dall’arcipelago di Malese le prime corritrici indiane bianche con ciuffo, che in seguito furono rinominate Bali. Il merito di queste nuove importazioni fu delle signore Davidson e Chisholm.
Lo scontro tra puristi e utilitaristi si sviluppò per vent’anni e si arrivò fino alla creazione di due differenti standard e due differenti associazioni o club che avevano come scopo quello di selezionare ed allevare la loro idea di corritrice indiana.
Fu senza dubbio Reginald Appleyard, a mio avviso uno dei maggiori allevatori inglesi del Novecento, a dirimere la questione. Appleyard divenne ben presto il segretario dell’ UDC, nonostante ciò i suoi campioni di corritrice indiana fecero subito il pieno di premi e titoli anche a discapito dei campioni dell’ IRDC. Tra il 1925 e il 1926, con una serie di articoli su The Feathered World, Appleyard descrisse con molta umiltà la sua idea di corritrice indiana senza obbligare o forzare nessun allevatore. Con una serie di schizzi e di spiegazioni convincenti delineò i tratti della sua idea di indian runner, da quel momento praticamente senza più alcuna discussione la sua ideale corritrice divenne l’animale che ancora oggi alleviamo e amiamo. Le sue lettere furono delle semplici proposte, che divennero norme accettate da tutti gli altri allevatori e decretarono la fine di una querelle durata circa vent’anni!
Per intenderci riguardo l’importanza del pensiero di questo allevatore inglese, dopo quasi novant’anni quella che ancora oggi alleviamo in tutto il mondo è la corritrice indiana ideale di Reginald Appleyard senza alcuna modifica nella forma e nella struttura.
Ad oggi in Inghilterra gli allevatori stanno lavorando su qualcosa come venti colorazioni differenti, inoltre bisogna anche dire che quest’anatra ha un enorme potenziale genetico e fra dieci anni probabilmente avremo almeno una trentina di colori. Il mio prossimo articolo sarà focalizzato sulla genetica e sui colori delle anatre domestiche.
Secondo Christine Ashton, ad oggi credo la massima esperta di storia e di selezione della corritrice indiana, bisogna accettare alcuni importanti fatti: in primo luogo che le linee per le esibizioni non devono anche essere obbligatoriamente le migliori nella produzione di uova, se cerchiamo la semplice produzione di uova dobbiamo optare per le anatre Campbell. In secondo luogo bisogna accettare che le attuali corritrici indiane da esibizione sono sicuramente molto differenti rispetto alle prime indian runner importate in Inghilterra.
Infine termino l’articolo spiegando il nome di quest’anatra: se il termine “indiana” è chiaro ormai che derivi da un errore storico e geografico, ci tengo a spiegare il termine “corritrice”.
Nelle isole indonesiane era pratica comune degli allevatori alla fine dell’estate portare i branchi di corritrice indiana (a volte composti anche da mille esemplari) dal villaggio fino al mercato. La distanza era coperta a piedi e l’allevatore le faceva camminare tutto il giorno. Ogni sera si fermava presso dei campi di riso o sui prati, in modo che le anatre potessero pascolare liberamente dentro un recinto smontabile. Ogni mattina l’allevatore smontava il recinto, raccoglieva le uova che venivano vendute nei vari villaggi che incontrava o mangiate dallo stesso. Alla fine si arrivava al mercato dove le anatre ormai adulte e fortificate dal lungo viaggio venivano vendute al migliore offerente.
Probabilmente questa usanza molto particolare sviluppata nel corso di due millenni ha comportato il miglioramento della caratteristica eretta dell’anatra e ha sviluppato anche la sua peculiarità di ottima pascolatrice, da qui la spiegazione più plausibile del termine “corritrice”.

Giacomo Cellini



Bibliografia

C. e M. Ahston 2001, “The Domestic Duck”,
C. e M. Ahston 2002, “ The Indian Runner Duck”,
Powell 1993, “Waterfowl”,
J. Donald 1890, “The India Runner Duck: its History and Description”.

Sitografia:

www.runnerduck.net
en.wikipedia.org

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