Tra le razze italiane, la gallina di Polverara è probabilmente una di quelle che vanta la storia più lunga e complessa.
La teoria più conosciuta sull'arrivo dei polli ciuffati in Italia è quella di Periqèt, secondo cui il marchese Giovanni Dondi dell'Orologio portò a padova sul finire del XIV secolo dei polli ciuffati dalla Polonia (dono dei sovrani di allora), che accoppiatisi poi con le galline comuni presenti nel padovano avrebbero dato origine ai polli ciuffati delle campagne venete.
Un'altra ipotesi, meno "romantica" e decisamente poco conosciuta, è quella che i polli col ciuffo siano arrivati direttamente a Polverara dall'est europeo sotto forma di... viatico vivente per i pellegrini che si recavano nei luoghi santi della cristianità in Italia, facendo scalo proprio a Polverara presso il monastero di Santa Maria della Riviera.
Sia quel che sia, i polli di Polverara divengono ben presto famosi in tutta Italia per le dimensioni e la bellezza. Citati in numerose opere letterarie (come "la secchia rapita" del Tassoni, del 1622, e "l'Asino", di Carlo Dottori, del 1652), essi vengono rappresentati sotto il nome di "Gallus patavinus" da Ulisse Aldrovandi nella sua opera sull'ornitologia del 1600.
La gallina di Polverara era allora selezionata ancora principalmente in base alla grandezza, tanto che gli esemplari più grandi risultavano grossi il doppio di una gallina normale. Sarà questa loro caratteristica, più che il ciuffo (ancora sparuto) che circonda la cresta rudimentale, a renderli noti in tutta italia sotto il nome di gallina padovana. Infatti fino almeno alla metà del XIX secolo sotto il nome di gallina padovana si intende parlare di gallina di Polverara. Le fonti bibliografiche a riguardo sono molte, e generalmente quasi sconosciute, ma lasciano spazio a ben pochi dubbi.
La gallina di Polverara era principalmente nera, mentre molto rara sembra fosse la varietà bianca. Non mancavano la varietà dorata, argentata, tortora, ed una in cui i colori erano frammisti. In alcuni ceppi neri si evidenziavano penne bianche nel ciuffo, e così al contrario in alcuni ceppi bianchi pare fossero presenti penne nere nel ciuffo.
La razza però stava degenerando sempre più, tanto da rischiare di scomparire, forse anche per l'atteggiamento chiuso degli allevatori di Polverara. Agli inizi del '900 la razza era quasi interamente scomparsa, tanto che pare non ne rimanessero che tre esemplari. Si deve all'opera dell'ing. Zanon, del cav. Camillotti e al dott. Barettoni il merito di riuscire a ricostituire dei ceppi di entrambe le colorazioni che vennero donati al podestà di Polverara nel 1932. Anche il dott. Fortuny riuscì a selezionare degli esemplari, forse partendo da un incrocio tra Padovana gran ciuffo e italiana comune. Comunque sia, l'arrivo della guerra interruppe la ricostituzione e la razza sembrò destinata a scomparire per sempre. Essa si salvò dall'oblio grazie all'opera di Bruno Rossetto, un allevatore che ne curò per oltre 50 anni la selezione pressoché in purezza.
la razza però rimaneva quasi insesistente. Va al rag. Antonio Fernando Trivellato il merito di aver ricostituito numericamente l'antica S-ciatta(nome con cui era un tempo nota la Polverara), utilizzando per la sua selezione anche esemplari di Bruno Rossetto, e di aver reso possibile la sua commercializzazione e diffusione.
Attualmente sono riconosciute le varietà di colorazione bianca e nera. La varietà cucula è stata da poco ottenuta dal Rag. Trivellato, ma non è stata ad oggi ancora riconosciuta.
[Modificato da Andrea Mangoni 26/01/2010 11:35]
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