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La biodiversità avicola italiana...

Ultimo Aggiornamento: 30/04/2008 22:22
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29/04/2008 19:13
 
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...ovverosia, quando la biodiversità diventa troppo... diversa!
per prima cosa, vi chiedo di rispondere a questo topic SENZA SCADERE NELL'OFFESA PERSONALE O NELLA CRITICA STERILE; portate le vostre opinioni in maniera CIVILE, senza ironie di sorta; i messaggi a nostro avviso "eccessivi" saranno rapidamente cestinati.

Nelle scorse settimane, anche nelle pagine di questo forum si è parlato di un poster che è stato presentato a lecce in un congresso sulla biodiversità avicola. lo si può vedere qui:

http://www.biozootec.it/lecce_2008_poster.aspx

Ora, il poster ha fatto parlare di sè per due motivi.
Il primo, spiacevole ma con un campo di interesse... "ristretto", è stato l'utilizzo non autorizzato di fotografie di un utente di questo forum (Francesco "Luckychecco").
L'altro motivo per cui il poster ed il sito hanno fatto discutere è il suo contenuto... scritto.
Se ne può ottenere un'idea qui:

http://www.biozootec.it/repertorio_avicolo.aspx

ho deciso di provare a scrivere qualche riga su questa faccenda perchè l'argomento è delicato: a mio avviso le informazioni contenute nel poster possono legittimamente essere non condivise e considerabili puramente arbitrarie, se non foriere di incomprensioni e di dubbi, soprattutto per chi, alle prime armi nell'avventura avicola, non è ancora in possesso di strumenti di giudizio adeguati.

Cosa è realisticamente criticabile di quanto riportato nella suddetta pagina?

E' un intervento presentato ad un convegno ufficiale sulla biodiversità, dunque immagino che dovremmo aspettarci una terminologia adeguata ed universalmente condivisibile. così, a mio parere, non è; ne riporterò alcuni esempi.
Resta inteso che i testi riportati (presi dai siti che verranno citati) vengono addotti solo allo scopo di favorire una migliore conoscenza dell’avicoltura italiana, e che non vengono usati in nessun modo per motivi di arricchimento personale.
bene...allora vediamo.


Le diverse razze e varietà, di origine nazionale, per le quali è stata individuata una idonea documentazione storia, utile a riconoscerne l'autenticità, sono poi state classificate "geneticamente”.

CLASSIFICAZIONE
Razza: individui delle stessa specie che si distinguono per caratteristiche somatiche e funzionali proprie, trasmissibili ai discendenti per eredità;
Razza Locale: razza la cui origine è storicamente legata a un territorio;
Tipo Genetico Autoctono: soggetti che presentano variazioni di tipo genotipico e/o fenotipico nei confronti di una determinate razza;
Razza Tradizionale: razza non locale, che ha mantenuto il proprio nome, introdotta da lungo tempo (almeno 25 anni) nel territorio e integrata tradizionalmente nel suo allevamento, che ha subito una selezione massale sulla base di scelte fenotipiche;
Ceppo: razza tradizionale che però ha modificato il nome originale con uno solitamente legato al territorio;
Ibrido: prodotto commerciale ottenuto dal meticciamento di diverse specie (anatra mulard) o razze nel caso di produzioni intensive;
Prodotto Genetico Tipico: incroci di prima generazione tra razze locali, tradizionali o ceppi.



Ora, partendo dall'inizio, se (come scritto) si dovresse parlare di biodiversità dell'avicoltura italiana, dovremmo parlare delle razze di origine nazionale (e tralasciamo la spinosa questione "italiana comune locale", già affrontata altrove nel forum). Mi sembra ovvio, no?
No. non è ovvio, se nella biodiversità avicola italiana vengono contate la rhode island, la new hampshire e la plymouth rock (PLYMOUTH, NON PLAYMOUTH), introdotte nel '900 nelle nostre campagne. Cosa c'entrino con la biodiversità avicola italiana, francamente non lo capisco. a questo punto, non capisco perchè non siano state introdotte le langhshan, le cocincina, le orpington o gli shamo. Se il criterio dev'essere quello di appartenenre a razze allevate in Italia da qualche decina d'anni, credo che anch'esse avrebbero fatto parte a giusto merito della biodiversità italiana... o no?
La definizione di ceppo appare quantomeno arbitraria. Ad esempio, nel sito "Il pollaio del re" si può trovare altrimenti scritto:

http://www.ilpollaiodelre.com/premessa.htm


In seno ad una "razza", in effetti si possono rilevare gruppi di animali che hanno uno o più caratteri secondari comuni trasmissibili alla prole, influenzati (o "indotti" ) dall'ambiente (clima, alimentazione, metodi di detenzione ecc.) ed evidenziati a seguito di azioni selettive.
Sono i così detti ceppi.



Noi abbiamo adottato il termine "ceppo" nel senso che è detto più sopra, però, non possiamo non ricordare che per la vecchia zootecnica tale parola aveva significato di gruppo primitivo dal quale erano derivate le razze.



Questa accezione di ceppo, a mio avviso più pertinente, corrisponde grossomodo a quelli che altrove sono chiamati "tipi genetici autoctoni". a tal proposito... Capisco la necessità di "trovare" prodotti tipici sempre nuovi, ma era proprio necessario avere a che fare coi "Polli della Lessinia"? Si tratterebbe di esemplari di plymouth rock barrata allevati sui monti Lessini da (stando all'autore) qualche decina d'anni. Sarebbe stato opportuno spiegare COSA li farebbe assurgere al rango di ceppo, e come si può pensare di considerarli cosa distinta dalle altre plymouth rock barrate legate al territorio italiano. Esistono solo perchè c'era bisogno di "far numero" o c'è qualche altro motivo? Soprattutto, cosa le differenzia dalle altre plymouth del nostro Paese tanto da farle assurgere al rango (alquanto discutibile di per sè) di "ceppo"? La differenza sussisterebbe in caso di evidenti discrepanze fenotipiche o di produzione in caso di confronto tra il ceppo lessino ed uno dei tanti ceppi italiani di Plymouth. In caso contrario...
E ancora... Allo stesso rango di "ceppo" è stata "svalutata" la Romagnola, forse solo sulla base di una elucubrazione bibliografica che tiene conto delle supposizioni fatte dagli autori del sito sull'operato di un solo scrittore.
Sempre parlando di definizioni, troviamo ancora il pollo brianzolo definito come prodotto genetico tipico.
ora, se il pollo brianzolo è stato prodotto seguendo gli schemi di 50 anni fa cui si parla nel sito, esso è un incrocio di prima generazione tra livorno bianca e new hampshire. Non viene spiegato quindi cosa ci sarebbe di tipico in un simile ibrido.
Insomma, credo che per evitare spiacevoli equivoci il poster in questione ed i testi che lo accompagnano andrebbero visti solo (secondo me) come un efficace manifesto pubblicitario di prodotti tipici, una sorta di "mappa" dei prodotti a volte legati ad un tipo di allevamento che garantisca un migliore prodotto alimentare. Non si può credo considerare come una fonte attendibile di informazioni sulla vera biodiversità avicola italiana, intesa come patrimonio di razze avicole selezionate nei secoli nella nostra penisola; la biodiversità che per me è tale avrebbe bisogno piuttosto di sforzi per recuperare DAVVERO ciò che ancora è recuperabile, seppur con fatica (ed è parecchio). Scrivo queste righe soprattutto perchè non vorrei che si generassero false aspettative nelle nuove leve dell'avicoltura: un pollo brianzolo non è un'antica razza italiana, è un incrocio di prima generazione livorno x new hamshire. Il pollo dei Lessini non è una razza tipica della nostra penisola, è una plymouth rock barrata, nient'altro. L'italiana comune locale e la cinquedita... lasciamo perdere. SE decidete di acquistare questi animali per la vostra tavola, fate probabilmente molto bene: di norma questi "prodotti tipici" sono allevati in maniera biologica e sono OTTIMI. Ma non illudetevi di acquistare con essi animali dal prezioso patrimonio genetico: un nome nuovo ad una razza o ad un incrocio già noti non si può considerare un valore aggiunto.
jm2c. ciao!
[Modificato da Andrea Mangoni 29/04/2008 19:18]
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30/04/2008 22:22
 
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Ciao Andrea! Concordo pienamente con quanto hai detto. Secondo me attualmente in Italia, come in qualsiasi altro stato, si può parlare di RAZZE storiche (Livorno, Valdarno, Polverara, Padovana, Siciliana...) e razze storicizzate, nel senso che sono anni che vengono allevate in un territorio ma nulla di più. Può essere che negli anni si sia assistito a qualche forma di adattamento all'ambiente da parte di queste razze o che alcuni ibridi abbiano assunto delle caratteristiche abbastanza omogenee ma sarebbe necessario procedere a delle indagini scientifiche e serie. Ora non sono nemmeno sicuro della necessità di avere nuove, e comunque giovani, razze. Purtroppo sono testimone del fatto che attualmente alcuni vadano a ripescare dagli archivi storici delle razze ormai (purtroppo per noi) estinte e le ripropongano sul mercato. Persone, mosse da un sano istinto patriottico-conservazionistico, vengono così ingiustamente prese in giro quando magari potrebbero veramente contribuire a preservare la Nostra biodiversità italiana.
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